Cohen, Peter (2021), Il modello di profitto delle droghe illegali e la visione preveggente della Commissione Hulsman. Breve storia di una inquisizione. Translation of Het verdienmodel drugs en de vooruiziende blik van de commisie Hulsman. Kort verhaal over een inquisitie. Tijdschrift over Cultuur & Criminaliteit, aflevering 2, 2021. Italian translation by Susanna Ronconi.
© Copyright 2021 Peter Cohen. All rights reserved.
Il modello di profitto delle droghe illegali e la visione preveggente della Commissione Hulsman [1]
Breve storia di una inquisizione
Peter Cohen
Toute societé qui n’est pas eclairée par des philosophes est trompée par des charlatans [2]
Nel 1971 è stato pubblicato il Rapporto Space in the drug policy [Lo spazio nella politica della droga] a cura d’un gruppo di lavoro diretto da Louk Hulsman, un criminologo di Dordrecht, Olanda . [3] Hulsman era un pensatore acuto con idee moderne. Egli e i suoi collaboratori erano dell’idea che la politica sulle droghe dovesse essere del tutto separata dalla legge penale, per evitare un conflitto crescente e senza fine. La Commissione osservava che una volta che la legge penale fosse arrivata ad occuparsi di droghe, “l’apparato investigativo si sarebbe espanso e sarebbe diventato un apparato enorme, superspecializzato e altamente ‘militarizzato’, che avrebbe dovuto essere continuamente ampliato ed espanso, al fine di tenere il passo con una infinita escalation” (Hulsman et al., 1971, p. 49).
“Se scegliessimo di fare della legge penale il primo strumento di lotta alla droga, faremmo una scelta non solo inadeguata ma anche moto pericolosa. Sempre più e ripetutamente si dimostrerà una modalità inefficace, che metterà chi la sostiene nella condizione di invocare misure sempre maggiori e più dure, fino ad arrivare a una attività investigativa cento volte superiore di quella che si può oggi vedere in atto. […] Questo finirebbe con l’esacerbare la polarizzazione tra diversi gruppi sociali, polarizzazione che potrebbe sfociare in un aumento della violenza” (Hulsman et al., 1971, p. 51).
Nel 1971 la discussione ruotava attorno al “consumo di droghe”, anche se le argomentazioni chiaramente riguardavano nello stesso senso la produzione (illegale) di droghe. Oggi, 50 anni dopo la pubblicazione di quel rapporto controverso, le posizioni di Hulsman e degli altri rimangono attuali proprio come nel 1971. Voglio dimostrare quanto lo siano mettendo a confronto la prospettiva indicata da Hulsman con quella degli autori di un libro appena uscito, Nederland Drugsland (Tops and Tromp, 2020). Tornerò su questo più avanti.
Lo sguardo fisso dei burocrati: UNODC, EMCDDA
Nel 1998, durante la Sessione Speciale UNGASS, [4] l’ONU annunciò una nova campagna il cui slogan era “A Drug Free World: We Can Do It!” [Un mondo libero dalle droghe: possiamo farcela!]. In un breve articolo scritto per il Transnational Institute (TNI) di Amsterdam nel giugno 2008, Tom Blickman scriveva: “Non è chiaro cosa sia successo a questa campagna. È scomparsa, insieme al suo budget di 4 miliardi di dollari, che lo UNODC ha consegnato al suo direttore, Pino Arlacchi”.
Non è così difficile riflettere sulle ragioni di questa “sparizione”. La campagna era inutile, poco funzionale anche alla sola propaganda. Ciò che era già chiaro all’epoca, ed è ben più chiaro oggi, è che la politica delle droghe è alimentata da una serie di radicate finzioni espresse in forma di slogan, che hanno lo scopo di sviare dal fatto che la politica basata sulla proibizione è una farsa e che ha prodotto fallimenti in tutto il mondo. Fallimenti non solo perché l’uso di droghe illegali ha continuato a crescere e a dar vita a sempre nuove modalità e stili, ma soprattutto perché la produzione delle droghe, che è aumentata in accordo con questi trend crescenti, è estremamente remunerativa. Dopo tutto, oggi il consumo di droghe è diffuso soprattutto tra i gruppi sociali benestanti dei paesi industrializzati del mondo. [5] Dovrebbe essere chiaro che le politiche locali e internazionali attuate per oltre 100 anni, centrate sulla proibizione e sulla repressione del consumo e sulla lotta ai mercati illegali, hanno fatto davvero poco per ridurre i consumi. Per esempio, negli ultimi 25 anni lo European Drug Report, pubblicato annualmente a Lisbona dallo European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), ha riportato anno dopo anno con minime modifiche la seguente osservazione: “L’innovazione e la crescita della produzione di droghe sintetiche in Europa appare evidente nella costante disponibilità di pasticche con alto contenuto di MDMA e dal suo alto livello di purezza” (EMCDDA, 2020, p. 9). [6] E ogni anno l’EMCDDA conclude che serve più “ricerca”, su questo o su quello, e che “il mercato sta diventando sempre più complesso” e che il volume delle quantità sequestrate è “considerevole”.
Rapporti di questo tenore sono pubblicati ogni anno negli USA, in Russia, Canada e Australia, prodotti da uno stuolo di persone ben pagate, il cui lavoro altro non è che un rituale divenuto ormai fossile. Si tratta di uno status quo su cui i burocrati costruiscono la propria fortuna più che produrre una politica delle droghe capace di riflettere seriamente sulla distruzione che hanno causato.
Drugland Netherlands
Nell’estate del 2020, Pieter Tops e Jan Tromp hanno pubblicato un libro dal titolo Drugland Netherlands: il fascino del denaro, il potere dei criminali, la necessità di annientarli (e come farlo). [7]
É un libro interessante, pieno di aneddoti sulle droghe, il denaro e “la mancanza di una autorità investigativa”, che contiene una convinzione affermata in modo molto serio: “Per noi non c’è dubbio che una così assurda massa di denaro finita nell’economia delle droghe sia la più grande minaccia per una società accettabile” (Tops and Trump, 2020, p. 222). Per questo gli autori affermano che “il modello di profitto dell’economia criminale delle droghe olandese deve essere distrutto” [8]
Nel discutere questo libro, mi concentrerò solo su questa premessa, tralasciando altri punti pure interessanti. Come alternativa alla loro prospettiva sulla criminalità droga-correlata, proporrò una diversa analisi, che suggerisce un risultato più realistico della “distruzione del modello di profitto delle droghe”.
Il modello di profitto delle droghe
C’è un modello di profitto associato alle droghe illegali che è ben consolidato. Consiste in centinaia di migliaia di piccole e medie imprese che operano in tutto il mondo. Non mi riferisco qui alle case farmaceutiche che producono varianti di oppiacei, cannabis e anfetamine che sono state dichiarate legali, [9] ma solo a quelle imprese che operano in campo non-medico, nel segmento ricreazionale del mercato delle droghe. Come hanno recentemente osservato tre ricercatori spagnoli circa la produzione di cocaina, “La proibizione delle droghe non mette fine al problema, ma porta a una diffusione e frammentazione di sottogruppi criminali” (La cocaina universal, 2020). [10] La American Drug Enforcement Administration (DEA) può essere vista come emblema della ubiquità del mercato illegale delle droghe e del modello di profitto ad esso associato. La DEA non interviene in tutti i paesi del mondo, dato che in alcuni le è impedito l’accesso. Tuttavia ha 91 uffici in 70 paesi, e un numero imprecisato di altre sedi dove spende il suo budget di oltre due miliardi di dollari l’anno. [11] Fin dalla sua fondazione, nel 1973, la DEA ha impiegato migliaia di persone. Ogni anno ripropone la necessità di una ulteriore espansione. Nel 2003, la DEA ha avuto nuovo personale e nuovi organismi in Olanda, un processo che Uitermark e Cohen (2003) hanno descritto così: “In aggiunta al numero segreto degli agenti della Drug Enforcement Agency che già operano in Olanda, adesso aumenteranno ulteriormente gli addetti destinati al Global Issues Officer del Dipartimento di Stato, un nuovo agente speciale e un analista della DEA. Questo personale risiede all’ambasciata, all’Aia, il che significa che è protetto dalla immunità diplomatica. Questo bizzarro dispositivo ha avuto, tra le altre cose, la conseguenza di rendere impossibile alla Van Traa Commission di fare chiarezza sul ruolo degli agenti americani” [12], [13]
La DEA ha inoltre lasciato il segno anche in Belgio, dove ha coinvolto la polizia locale in operazioni che sono lecite per la legge USA ma non per quella belga o olandese. [14], [15]
Altrettanto interessante degli interrogativi circa l’espansione globale della DEA è un’altra ricorrente domanda: questa ben finanziata rete di intervento repressivo a livello locale e internazionale, ha avuto un qualche effetto sul segmento illegale del mercato delle droghe?
La risposta a questa domanda è inequivocabilmente sì. Dopo tutto, in assenza di un’azione repressiva contro il mercato illegale, il mercato stesso non solo sarebbe inconcepibile, ma soprattutto senza repressione il mercato difficilmente sarebbe così redditizio. E non ci sarebbe più alcuna necessità di una così grande specializzazione in sotto-segmenti e sotto-sotto-segmenti della produzione, della distribuzione e del finanziamento del mercato. Un esempio: in una rete, ora non più attiva, specializzata nella produzione di LSD, c’erano dozzine di persone che in diversi paesi si adoperavano per ottenere finanziamenti mirati ad aprire nuovi laboratori, per acquistare macchinari e materie prime, avere nuove sedi e, se necessario, pagare tangenti. Un chimico, oggi in pensione, che aveva un ruolo chiave in questo fluido sistema di reti, viaggiava con sua moglie in barca a vela alla ricerca di luoghi adatti. Fatto il suo lavoro, spariva nuovamente. All’interno di questa organizzazione complessa e molto articolata, i prodotti così come il microdosaggio e poi la vendita di LSD venivano affidati a persone che non avevano nulla a che fare con i tecnici, i finanziatori, i corrotti o i chimici. Ogni volta che navigava verso l’Australia, Vlissingen o Vancouver, per avviare una nuova produzione, il nostro chimico stava in giro per mesi, non lasciando dietro di sé alcuna traccia del proprio lavoro. [16] Oggi ritirato nella sua villa, il chimico può guardare alla sua passata carriera come a una esperienza unica ma anche emblematica del modello universale di profitto delle droghe illegali: essere immune dalla sua eliminazione. Questa immunità non dipende da singoli individui (che a volte possono essere arrestati). Questa immunità è assicurata dall’ingegno e dal potere finanziario di collettivi in continua evoluzione, che hanno accesso a tecniche avanzate di reclutamento, comunicazione, finanziamento, produzione, trasporto, distribuzione, incardinati in un sistema di competenze logistiche, di disponibilità all’uso della violenza, e di una insaziabile domanda. Nonostante alcuni occasionali successi (sotto copertura), i corpi investigativi come la DEA sono e continueranno ad essere molto indietro rispetto a queste organizzazioni. I loro sforzi sono “inadeguati”, per usare le parole di Hulsman (1971). Durante gli ultimi 100 anni, ogni volta che viene sequestrata qualche tonnellata di droghe o viene arrestato qualche criminale, la stampa ripete la sua rituale soddisfazione, che altro non è se non un’ode al modello di profitto delle droghe. Non dimentichiamoci che il modello di profitto delle droghe illegali che vigeva un tempo nelle colonie olandesi dell’India orientale, quando l’oppio legale era sottoposto a una eccessiva tassazione, non era fondamentalmente -ma solo tecnicamente- diverso da quello oggi in vigore, qualche centinaio di anni dopo. [17] È possibile per uno stato proibire l’whisky, come fecero un tempo gli Stati Uniti, ma questo non comporta alcuna differenza sia per la disponibilità dell’whisky che per il suo modello di profitto. Sia che chi ci guadagna sia legale o illegale, le droghe restano disponibili e l’offerta abbondante sotto entrambi i regimi, con l’eccezione di brevi e sporadici periodi di interruzione per quanto concerne le droghe illegali. [18] Se le droghe vengono usate in maniera diffusa o meno dipende dalle culture, dalle mode, dagli stili di vita e da altri fattori di contesto. [19] Indubbiamente tutto questo muta nel tempo, ma non muta il modello di profitto. Che le droghe siano accessibili grazie a un vasto sistema di distribuzione legale o, all’opposto, dentro la nicchia ristretta di una subcultura, sono comunque accessibili per chi le vuole usare. [20] L’esistenza di una macchina investigativa internazionale in continua espansione può occasionalmente ridurre la disponibilità a livello locale, ma da un punto di vista globale, la disponibilità delle droghe non è mai messa in pericolo. La Grande Inquisizione voleva riaffermare e rinforzare la supremazia della Chiesa cattolica. Il suo complicato apparato investigativo ha prodotto conseguenze sanguinose ma alla fin fine non ha potuto rallentare l’avanzata della Riforma! Eppure Tops e Tromp vorrebbero farci credere che “un approccio di successo” (cioè la “distruzione del modello di profitto”) dipenda “dall’abbandono di un sentiero battuto che è un vicolo cieco, dal guardare con ottimismo in una nuova direzione”. Ancora, l’Inquisizione che mira a colpire le false religioni è l’archetipo che mira a colpire i falsi farmaci: non ha una sola possibilità di successo.
La produzione degli stimolanti. Cosa sappiamo?
Lo UNODC saltuariamente pubblica un rapporto sulla produzione a livello globale di stimolanti (per esempio stimolanti-tipo amfetamine, ATS, che includono l’MDMA). [21] Nel 2011, ha identificato come paesi produttori, tra gli altri, Indonesia, Malesia, Cambogia, Vietnam, Argentina, Brasile, Guatemala e Nicaragua. Vista come il maggior produttore di ATS, l’Indonesia si è guadagnata una particolare attenzione: “Nel 2009, in Indonesia le attività investigative hanno portato allo smantellamento di 37 imprese di produzione di ATS. La continua crescita della produzione di ecstasy in Indonesia mette in allarme circa la possibilità che il paese possa sostituirsi all’Europa come principale fornitore di MDMA” [22]
Nessuno sa la reale quantità di stimolanti prodotta in ognuno di questi paesi. Un altro fattore che complica ulteriormente la scena è che la graduatoria tra questi paesi, relativa al volume della produzione, cambia senza che se ne abbia una reale conoscenza. Un rapporto americano sulla produzione in Myanmar dice che “Mentre non c’è una metodologia seria che possa stimare la produzione di ATS, le informazioni che provengono dai sequestri a livello locale e regionale dicono che c’è un aumento della produzione e del traffico” [23]
La domanda che pongono Tops e Tromp (“Perché l’Olanda è leader internazionale del mercato per quanto riguarda la produzione di droghe sintetiche?” [24]) non può ricevere una risposta per molte diverse ragioni. Nessuno davvero sa se l’Olanda sia leader nel mercato internazionale, perché, se è pur vero che sappiamo che in Olanda si producono droghe, non ne conosciamo il volume. Lo stesso si può affermare per altri paesi produttori dell’Unione, come Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Belgio e Spagna, per citarne solo alcuni, [25] In assenza di dati sui livelli di produzione nazionale, è difficile dire quali paesi siano leader sul mercato, e non ci sono nemmeno dati che consentano una seria stima del volume della produzione. In secondo luogo, anche se questi dati a un certo punto fossero disponibili, e ci consentissero di designare il paese leader, questa operazione avrebbe un qualche senso? [26] Il flusso di denaro e i continui cambiamenti nelle tecniche di produzione, nella domanda e nella distribuzione renderebbero questa classifica valida per un breve periodo, uno o due anni, non è pensabile per un periodo diciamo di dieci anni. Tutta l’agitazione per “l’importanza” dell’Olanda nel mercato illegale e nella produzione di droghe sintetiche è un circo, non una analisi scientifica. Non si tratta della mancanza di volontà di condurre una ricerca di questo tipo, quanto piuttosto del fatto che una simile analisi non è fattibile nell’attuale sistema normativo. Qualsiasi discussione circa il ruolo dell’Olanda nasce solo con lo scopo di esercitare una influenza politica. Ad oggi, il ministero della Giustizia olandese deve ancora verificare se la produzione che si verifica all’interno del paese sia rilevante in qualche modo per l’esistenza e le attività dei trafficanti, e per la produzione di una “ricchezza illegale”. In fin dei conti, i cittadini olandesi hanno un ruolo significativo nel commercio legale di tabacco, cacao e caffè, senza che una singola foglia o un singolo seme siano coltivati in Olanda. La produzione locale non è un prerequisito per capitalizzare talenti ed esperienze degli imprenditori olandesi che operano a livello internazionale.
Generare un’economia importante grazie al traffico di sostanza psicotrope, a prescindere da dove queste siano prodotte e coltivate, è una costante che in Olanda ha secoli di storia. Se il Signor A diventa ricco vendendo oppio o tabacco che provengono dall’Indonesia o ecstasy dalla Polonia, è irrilevante. I ricchi usano la loro ricchezza per diventare più ricchi. Se la fonte di questa ricchezza è (in parte) legale o no, fa qualche differenza per l’impresa edile che costruisce una villa a Bergen? Oppure per il sindaco di quella città? O per l’agente di cambio di New York? In Olanda l’influenza dei capitali che provengono dal traffico illegale di droghe viene chiamata “sovversione” (“ondermijning” in olandese). Ma in Olanda qualcuno ha parlato di “sovversione” quando Rabobank ha illegalmente manipolato i tassi di interesse di Libor e Euribor tramite le sue filiali di Londra e Tokyo [27] — una manipolazione segreta ma palesemente illegale e talmente remunerativa che Rabobank ha premiato gli operatori finanziari coinvolti con ingenti bonus? Rabobank ha guadagnato su capitali ottenuti illegalmente, che, multe incluse, hanno coinvolto tutto il mondo cosiddetto rispettoso della legge, o “bovenwereld” come si dice in olandese moderno: il “mondo di sopra” opposto al “mondo di sotto”. Perché allora i capitali guadagnati con il mercato illegale delle droghe sono definiti “sovversione”? La banca olandese ING ha tratto illegalmente profitto permettendo ad alcuni criminali di riciclare denaro sporco attraverso i loro conti bancari, regolando poi la cosa con un accordo con il ministero della Giustizia olandese per un ammontare di oltre 750 milioni di euro (circa 900 milioni di dollari). E tuttavia, proprio come nel caso di Rabobank, ad oggi nessuno è stato denunciato penalmente. I profitti di ING, nemmeno quelli derivanti da transazioni illegali, non sono mai stati definiti “sovversione”. Così è chiaro che il termine “sovversione” viene usato selettivamente, e senza alcuni rispetto del criterio basato sulla natura illegale dei profitti. In modo legale o illegale, ci si può fare dei miliardi nel settore bancario e in quello farmaceutico se si sa come farlo – ed è esattamente ciò che succede. Se i profitti vengono definiti “sovversivi” non dipende dalla loro natura illegale, ma dallo status societario che ci sta dietro.
Nella prospettiva di un politico dell’Arabia Saudita, la ricchezza di Charlene de Carvalho-Heineken proviene dalla produzione di una droga illegale. Forse che questo interessa Tops, Tromp e agli altri dignitari dell’Aia? No, ovviamente. L’illegalità dell’alcool in Arabia Saudita non ha mai impedito alla signora Heineken di schierare i suoi abili e influenti lobbysti, per avere accesso ai mercati, privilegi fiscali e licenze. I sistemi legislativi di tutti gli stati membri dell’Unione europea sono a sua disposizione anche a Bruxelles. Queste attività [di lobbying], che avvengono a porte chiuse, non vengono mai definite come una “sovversione” del sistema democratico. [28] Se i suoi prodotti hanno un ruolo anche in un mercato illegale, questo non fa alcuna differenza per i suoi profitti, né per i suoi azionisti o per l’Agenzia delle Entrate olandese. E nemmeno per il Signor B, che vive grazie alla produzione illegale di anfetamine in America e in Serbia. Non ha dalla sua il potere della legge né agenzie di lobbying specializzate che gli garantiscano l’accesso ai mercati e alle licenze. Invece, egli compra in continuazione l’appoggio che gli serve grazie alla corruzione o, se serve, all’uso della forza. Lo statuto (ancora) illegale delle anfetamine che produce non gli consente il livello di influenza che invece è consentito dai miliardi di profitto di chi produce anfetamine o altri stimolanti nel segmento legale del mercato. Lo stato di illegalità della sua produzione lo obbliga a pagare un alto prezzo, perché la corruzione costa molto, molto più anche della violenza. Allo stesso tempo, questa illegalità gli consente di avere profitti esenti da ogni tassazione. Come risultato, questo finanziamento della corruzione senza preoccupazioni [fiscali] è un regalo che il sistema di soppressione di quella illegalità continuamente gli rinnova. Anche questa corruzione viene chiamata “sovversione”, un termine che ignora quella Inquisizione sulle droghe, obsoleta e primitiva, che ne è la fonte.
“Per noi non c’è dubbio che una così assurda massa di denaro finita nell’economia delle droghe sia la più grande minaccia per una società accettabile” [29] E dunque, la così assurda massa di denaro incassata dalle banche, dal settore della moda, dal mercato azionario e da quello immobiliare, oppure dalla vendita del tabacco e dei farmaci non è una minaccia?
Una escalation permanente
Dobbiamo porre un altro grande interrogativo su quella che Tops e Tromp ritengono essere la via d’uscita da questo modello di profitto. “E’ la strada che è stata per lo più ignorata dai governi fino ad oggi: investigazione e azione penale. Per dirla chiaramente, il modello di profitto dell’industria criminale delle droghe olandese deve essere distrutto”. [30]
Degli autori seri come Tops e Tromp dovrebbero sapere che questa raccomandazione non è fatta in buona fede. È una indicazione pericolosa, non solo perché è impossibile da attuare, ma soprattutto perché ogni tentativo di implementarla rappresenterebbe un attacco mortale allo stato di diritto. I mezzi che il ministero della Giustizia olandese ha dovuto adottare negli anni ’90 nel tentativo di rintracciare alcuni sospetti boss della droga non lascia dubbi in proposito. Certamente, il rapporto della Van Traa Commission of Inquiry non ha migliorato le cose e non ha fatto chiarezza in modo trasparente. [31] Ciò che è accaduto è stato creare un incontrollabile mostro giudiziario.
Cinquant’anni fa, Hulsman e i suoi colleghi prevedevano una escalation senza fine se si fosse continuato sulla strada della eliminazione attraverso lo strumento penale. Questo è in realtà il punto a cui si è giunti in ogni stato del mondo dove le Convenzioni internazionali sono state incorporate nelle leggi nazionali. L’esito è un vasto sistema di strutture penali in forma di Inquisizione, mirata non a perseguire gli eretici ma a rintracciare e perseguire i responsabili di “reati di droga”. E ciononostante per Tops e Tromp noi in Olanda ancora dobbiamo istituire un serio sistema di intervento penale! E affermano che è questa carenza ad aver permesso al mercato illegale di crescere. Sarebbe un mercato in scala minore se avessimo adottato questo “sistema serio”? Forse serio come quello statunitense [32], con i suoi agenti in casa e in tutto il mondo, protetti dall’immunità diplomatica, che arrestano e mettono in galera bande di criminali trafficanti e che sono così efficaci che in Messico oggi il modello di profitto del mercato della droga rende possibile corrompere poliziotti, politici e militari ai livelli più alti? Proprio come in Brasile, Myanmar, Suriname e Congo? O in Tailandia ? E che permettono che migliaia di persone, sia tra chi vive di questa economia che tra chi lotta contro di essa, vengano ammazzate anno dopo anno? I tentativi e i miliardi di dollari della DEA hanno prodotto qualcosa che possa essere d’esempio per l’Olanda, nel momento in cui decida di “distruggere” il modello di profitto? Faccio questa semplice domanda, perché Tops e Tromp (2020) hanno tralasciato di porla, per non dire di trovare una risposta. La loro proposta di “distruggere il modello di profitto delle droghe” trova il suo fondamento nel libro delle favole, ma non un posto nel mondo reale del consumo di droghe in cui noi tutti viviamo.
L’esperienza ci insegna che non possiamo usare la giustizia penale per eliminare il consumo di droghe, i rischi ad esso associati e l’economia che ci sta dietro, per non dire per sopprimere completamente tutto questo (“distruggerlo”). È qualcosa che abbiamo appreso da molto tempo, e specialmente in Olanda, dove Hulsman e i suoi colleghi avevano previsto tutto questo già 50 anni fa.
Al contrario, la legge penale crea, perpetua e perfeziona l’economia illegale delle droghe, impedisce un sistema regolato di produzione e rende impossibile controllare la qualità delle sostanze. Quando incontra le droghe la legge penale non fa che produrre un danno senza fine e irreversibile alla società, sulla base di una finzione culturalmente orientata, senza alcuna prospettiva di cambiamento. Indubbiamente c’è la possibilità che le droghe possano portare a un danno nella vita privata di chi le usa. [34] Ma la stessa possibilità esiste per gli sport, per i viaggi in auto o in aereo, o anche per una relazione amorosa. La chiave sta nell’agire con saggezza e conoscenza, e secondo regole di condotta orientate a ridurre il possibile danno al minimo. Mentre il danno non può essere mai azzerato, esso però può essere ridotto. Questo significa sganciare il più possibile la politica sulle droghe dalla legge penale. Rendere possibile per gli adulti una gestione legale e diversificata delle droghe, e introdurre un sistema flessibile e inclusivo per gestirne i danni correlati quando inevitabili, proprio come abbiamo fatto per l’alcool o l’aspirina. Se necessario, produrre alcune droghe ricreazionali fuori dal circuito del massimo profitto commerciale. Stabilire lo stesso principio che è stato considerato corretto, (solo) a partire dalla Rivoluzione francese, circa il diritto di parola e le religioni, e solo dagli anni ’60 del secolo scorso per l’orientamento sessuale, libertà che per secoli erano state considerate enormemente pericolose o impensabili nell’ambito delle stesse culture che le hanno create. La libertà di scegliere di usare una droga! Come la libertà di pensiero, credo religioso o orientamento sessuale, anche questa libertà è certamente possibile. È in nostro potere creare un mondo con meno violenza correlata alle droghe e con meno corruzione. [35] Ma non sarà così se seguiremo la formula di Tops and Tromp. Perché il tempo dei terrapiattisti è finito.
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Note
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Ho scritto in passato sulla Commissione Hulsman, che ha avuto una significativa influenza sulla politica delle droghe olandese degli anni ’70, in Cohen, P. (1994), “The case of two Dutch drug policy commissions: An exercise in harm reduction 1968–1976.” Paper presented at the 5th International Conference on the Reduction of Drug-Related Harm, 7–11 March 1994, Addiction Research Foundation, Toronto. http://www.cedro-uva.org/lib/cohen.case.html. Questo articolo è utile anche come introduzione alla concettualizzazione del discorso sulle droghe e in particolare alla prospettiva di Hulsman. La tesi è che l’integrazione culturale del consumo di droghe contro la sua criminalizzazione garantisce una miglior efficacia nella riduzione del danno correlato.
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“Qualsiasi società che non è illuminata dai filosofi è destinata ad essere ingannata dai ciarlatani”. Elisabeth e Robert Badinter hanno utilizzato questa citazione da Condorcet come epigrafe nel loro libro Condorcet, un intellectuel en politique (1988), ed Fayard. Non resisto al desiderio di imitarli.
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Pubblicato in olandese come Ruimte in het Drugbeleid, Rapporto di ricerca del gruppo di lavoro del General Central Bureau Foundation on Public Mental Health [Stichting Algemeen Centraal Bureau voor de Geestelijke Volksgezondheid] diretto dal L. H. G. Hulsman, pubblicato da Boom, 1971, pp. 1-68.
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Aumento del consumo di droghe illegali comunque significa anche che l’uso regolare riguarda una minoranza della popolazione adulta (<10%). Numerosi studi di prevalenza chiariscono questo aspetto.
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https://www.emcdda.europa.eu/system/files/publications/13236/TDAT20001ENN_web.pdf
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Tops, P. and J. Tromp. (2020) Nederland Drugsland: De lokroep van het geld, de macht van de criminelen, de noodzaak om die te breken (en hoe dat dan te doen). Balans Publishing.
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Tops, P. and J. Tromp (2020, October 10). Drugsbazen wanen zich in Nederland onaantastbaar [Drug lords think they are untouchable in the Netherlands]. De Volkskrant. Retrieved from http://www.volkskrant.nl
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I più noti produttori di anfetamine, e soprattutto di metilfenidato, sono Shire, Sandoz, Novartis, Janssen-Cilag, UCB Pharma, Eurocept e Mylan.
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Garat, G., E. Budasoff and J. Galindo (2020, December 13). The universal cocaine [La cocaina universal] El Pais. Da http://www.elpais.com. Un'altra citazione “Da allora, coltivatori, produttori, uomini d’affari, trasportatori, finanzieri, piloti, marinai, sommozzatori, poliziotti, soldati, operai e rivenditori formano gli anelli di una catena che, quando interconnessi, fanno sì che la cocaina prodotta nelle Ande raggiunga ogni angolo del mondo. E lo fa in modo compartimentato e autonomo” [traduzione dell’autore].
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Uitermark, J. and P. Cohen. (2003). Nederland als filiaal van de Amerikaanse opsporingsmachine? [The Netherlands as an affiliate of the American investigatory machine?] De Groene Amsterdammer, 127(31).
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L’istigazione a delinquere da parte un agente di polizia durante un’azione sotto copertura è ammessa dalla legge americana.
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Decorte, T., W. van Laethem and L. Outrive, L. (1997) La police grise en Belgique: résultats d'une recherche [The grey police in Belgium: Results of a study]. Déviance et Société 21(4), pp. 365-382.
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Una delle possibili conseguenze della “americanizzazione” del lavoro investigativo sulle droghe è la frequente enfatizzazione dell’efficacia del lavoro della polizia (“scoring results”) a scapito della sua delegittimazione. Alcuni risultati della Van Traa Commission hanno evidenziato l’influenza problematica della DEA sulla polizia olandese. In Belgio lo stesso effetto è stato rivelato da alcuni scandali tra le forze dell’ordine: l’affare François negli anni ’80, quello riguardante Frans Reyniers negli anni ’90, così come la vicenda Van Mechelen, emanazione belga dell’affaire IRT in Olanda (fonte: comunicazione privata con T. Decorte, Maggio 2021).
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L’oppio era legale nelle colonie olandesi dell’India orientale, ma la pesante tassazione sulla sua vendita diede origine a un mercato illegale.
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Le interruzioni nella catena dell’offerta di farmaci essenziali dovute alla politica dei prezzi tra le imprese legali sono l’equivalente legale della scarsità temporanea.
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Il consumo di cannabis in Olanda, patria dei coffee shops, non è più elevato che in Francia, Regno Unito o Spagna, dove non esiste una simile modalità di accesso alla cannabis. Il consumo è determinato dalla moda e dal simbolismo culturale; un eventuale accesso perfetto e universale giocherebbe un ruolo minore o forse anche insignificante.
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Una subcultura minoritaria può portare una droga a diventare una moda per la popolazione generale, come accaduto negli anni ’60 per la cannabis e per l’ecstasy (XTC) negli anni ’80. Altre droghe, come il crack o gli oppiacei usati per via iniettiva non hanno mai varcato la soglia delle mode mainstream.
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https://www.unodc.org/documents/scientific/ATS/2020_ESEA_Regonal_Synthetic_Drug_Report_web.pdf
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https://www.unodc org/documents/southeastasiaandpacific/2011/09/global-ats-2011/ATS_Global_Assessment_2011_web.pdf
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https://www.state.gov/wp-content/uploads/2019/04/2017-INCSR-Vol.-I.pdf
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EU Drug Markets Report 2019. p. 156. In https://www.emcdda.europa.eu/system/files/publications/12078/20192630_TD0319332ENN_PDF.pdf
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Per decenni, l’Afghanistan è stato definito il più grande produttore al mondo di oppio, da cui deriva la diacetilmorfina; secondo stime dello UNODC, il 90% della produzione mondiale di oppio avviene lì, il resto in Myanmar, Messico e Colombia (Statista 2021, “Poppy cultivation based on acreage”).
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https://www.reuters.com/article/us-rabobank-libor-idUSBRE99S0L520131029
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I sussidi di milioni di euro elargiti per la costruzione di imprese “green” in Olanda sono in parte finiti a produrre energia per Google, Amazon e Microsoft, che stanno costruendo i loro data centres con queste sovvenzioni. Ne deduco, credo a ragione, che questa perversa sponsorizzazione pubblica delle più ricche compagnie del mondo (che praticamente non pagano tasse all’Olanda) sia una “sovversione” degli interessi della popolazione olandese.
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“Sin dalla Van Traa Commission, una sorta di ‘cultura del segreto’ è emersa nella pratica legale, supportata dalla giurisprudenza sia dell’Alta Corte olandese che dai tribunali, pratica senza precedenti in quell’ambito”. Drug running and the IRT affair [Drugsdoorlaten en de IRT-affaire]. A. Van der Biezen. 2017. Crimesite.nl
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Dove arresti e incarcerazioni (tra le altre cose!) hanno portato a una situazione in cui 698 persone su 100.000 sono dietro le sbarre, in Olanda sono 59 (https://www.prisonpolicy.org/global/2018.html).
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In Olanda e Belgio non vale la pena corrompere politici o membri delle forze di polizia ad alto livello. La scala delle importazioni, del trasporto e del transito di merci è talmente ampia che è sufficiente corrompere operai o tecnici a livello locale. Si pagano tangenti a operatori di Antwerp, Rotterdam, Vlissingen e Schiphol, non al ministero delle Finanze. Questa è la maggiore differenza con paesi come Myanmar, Suriname, Messico o Marocco, dove narcotraffico e produzione sono state la fonte dei guadagni delle elites dominanti. Lì le tangenti vengono pagate a ufficiali di alto livello, di solito sono poi loro a pagarle a quelli di livello inferiore.
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In riferimento a un danno chiamato “dipendenza” [addiction], vorrei precisare che a questo concetto è stato attribuito lo stesso significato che fu attribuito al termine “diavolo” all’epoca in cui si perseguitavano eretici e streghe. “Addiction” nella nostra cultura è un concetto accreditato ma mitico, concetto che ha permeato la nostra cultura politica con effetti disastrosi per molte persone, e non solo per quelle che vengono chiamate dipendenti. Su questo vedi anche P. Cohen: De emancipatie van ‘afhankelijkheid’: Angst voor ‘verslaving’ kan verminderen [Emancipating ‘dependency’: Curving the fear of ‘addiction’]. In: Freek Polak (Ed.), Het middel is erger dan de kwaal: Over de noodzaak van legalisering van drugs [The cure is worse than the disease. On the need for legalisation of drugs]. Amsterdam, Gibbon 2017, http://www.cedro-uva.org/lib/cohen.emancipation.html
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I cosiddetti Trattati internazionali – tigri di carta pubblicati su carta (su cos’altro?) – non hanno mai interferito con alcuna riforma promossa da uno stato. Il metodo che essi applicano si chiama: ignorare.