Peter Cohen (2006), L’Europa e i sepolcri imbiancati. Discorso tenuto al Parlamento Europeo, Bruxelles, 7 novembre 2006. Amsterdam: CEDRO. Online: http://www.cedro-uva.org/lib/cohen.gravestones.it.html.
© Copyright 2006 Peter Cohen. All rights reserved. Traduzione di Marina Impallomeni.

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L’Europa e i sepolcri imbiancati

Discorso tenuto al Parlamento Europeo, Bruxelles, 7 novembre 2006

Peter Cohen, Membro di Encod[1], Amsterdam, Olanda

Signore e Signori,

nel 2008 l’Onu discuterà il suo programma per la realizzazione di un mondo libero dalla droga entro quell’anno. «Un mondo libero dalla droga – possiamo farcela» dissero dieci anni fa i direttori del circo della politica sulle droghe dell’Onu.

Per cominciare, sono certo che nessuna delle persone qui riunite desidera un mondo libero dalla droga, ma posso assicurarvi che il mondo non sarà libero dalla droga nel 2008 e che non lo sarà mai. E posso anche assicurarvi che il consumo ricreazionale di droghe in Europa registrerà una lenta crescita, al tasso di circa mezzo punto percentuale della popolazione all’anno: un movimento tranquillo e determinato come il fiume Rodano, o il Reno, che scorrono inevitabilmente verso il mare.

Per le nostre istituzioni preposte a vigilare sui trattati Onu, questa è una manna dal cielo. Per la loro esistenza, e per quella dei loro salari e appannaggi, un mondo libero dalla droga sarebbe una catastrofe. Per l’Onu, un mondo in cui il consumo e la produzione di droghe stanno aumentando è un business, un business redditizio e privo di rischi.

Perciò, per loro, il 2008 non sarà un anno triste. Non diranno: «Dannazione, non ce l’abbiamo fatta, non abbiamo fatto abbastanza, a quanto pare il mondo ha le droghe che vuole, ci ritiriamo in buon ordine». No, non hanno intenzione di fare un passo indietro. Scriveranno, faranno programmi, pontificheranno e gireranno il mondo preparando nuove riunioni su questa ambizione di creare il paradiso in terra. Perché è questo il loro obiettivo: creare un sogno, il paradiso in terra per tutti noi. Il loro lavoro può essere paragonato a quello dei grandi manager di Hollywood e Bollywood, che creano mondi fasulli e fiabe sull’amore e sul male. Il loro lavoro può anche essere paragonato a quello dei sacerdoti che, a qualunque chiesa appartengano, promettono in tutto il mondo un futuro migliore ai loro seguaci, a patto che professino veramente la loro religione, che credano veramente in essa e nelle loro Scritture.

Ho detto molte volte ai miei amici che i burocrati dell’Onu dovrebbero portare i paramenti sacri, indossare una bella mitra colorata, e intonare i testi sacri tratti dalle convenzioni Onu facendo ripetere agli adepti le formule principali. Se agissero così, tutti noi capiremmo che i Trattati sono antichi e sacri, e non possono essere riscritti da noi mortali.

Non mi aspetto che a Vienna il direttore dell’Unodc, né il vescovo della politica sulle droghe dell’Unione Europea, né il rappresentante dello Zar antidroga americano e gli infiniti cardinali provenienti da tutto il mondo intonino i testi dei Trattati, ma faranno qualcosa di abbastanza simile. Di giorno, durante le sessioni di lavoro, parleranno della loro visione di un mondo libero dalla droga, citeranno i sacri Trattati, presenteranno progetti, chiederanno soldi, grideranno quanto sia meraviglioso che alcune piante in alcuni paesi siano estirpate dal terreno, chiederanno di avere più fede; e di sera ceneranno e chiacchiereranno. Tutto qui. È sempre stato così. È uno spettacolo meraviglioso e sorprendente.

I giornalisti scriveranno e tenteranno di citare i fedeli cardinali, che soffrono per noi e vogliono aiutarci a raggiungere il paradiso in terra, un paradiso libero dalla droga. E la gente leggerà i giornali saltando tutto ciò che riguarda Vienna. Nulla cambia, ed esattamente questa è l’agenda di Vienna: niente deve cambiare!

Alcuni di noi, poveri mortali, pensano che i trattati sulle droghe servano a creare la migliore politica sulle droghe possibile. Poveri mortali! I Trattati non servono a questo. Leggeteli! Il loro oggetto è la proibizione. Il business della proibizione è fiorente sin dal 1909, e dal 1945 lo è più che mai. A noi mortali è oggi vietato il consumo di migliaia di sostanze. Persino le piante sono illegali, ed ogni anno i nostri sacerdoti della proibizione trovano il male in nuove sostanze, che elencano nel Libro Sacro delle sostanze proibite, pregando che un giorno ci siano abbastanza poliziotti per far rispettare almeno una parte di questa mole di regole. Una mole che cresce sempre di più.

I trattati sono testi in cui non è la politica sulle droghe ad essere delineata, signore e signori, ma la Proibizione. Gli stati, queste povere entità prive di potere, non possono dire: «Ehi, per noi la proibizione non sta funzionando, o è controproducente, vorremmo usare il nostro cervello e adottare delle politiche moderne, politiche in cui si possa introdurre la teoria moderna sul comportamento umano e sul successo – o insuccesso – delle politiche.

Vorremmo che il sindaco di Maastricht o di Cancun o di Lodz o di Santa Cruz in California facessero ciò che è meglio per le loro comunità e per il processo democratico che li guida. No, signore e signori. Questi sindaci sono degli stupidi, degli idioti, usano il cervello! E in una materia in cui si può solo usare le Sacre Scritture!

La politiche sulle droghe, come potenziale insieme di pensiero e pratica in cui l’accesso a tutte le sostanze sia regolato per tutti, secondo linee guida che possono essere molto diverse a Rio piuttosto che Ulan Batur, un tale insieme di pensiero e pratica è messo fuorilegge dai Trattati Onu. C’è una sola Fede, e il suo pontefice non siede a Roma ma a Vienna. C’è una sola politica, e questa è la Proibizione. Anche se la Proibizione crea morte e distruzione, mancato rispetto dei diritti umani, crimine, terrore, povertà, prigionieri, un’immensa ricchezza criminale, overdose, una insondabile stupidità burocratica, destabilizzazione di intere regioni…? Sì, esattamente, ecco cosa ci siamo ridotti a volere.

Dunque, quando Encod mi chiede cosa dovrebbe fare l’Europa a Vienna nel 2008, non ho una risposta. A Vienna nel 2008 non c’è assolutamente niente da fare. I Testi Sacri sono scritti. Sono incisi nella pietra. Né l’Europa, né il Giappone, né l’Africa, né Encod hanno la minima influenza sulle Sacre Scritture. Il Trattato è scritto in modo tale che è più facile cambiare la Bibbia. Per la Bibbia, almeno, si può produrre una traduzione nuova, moderna, usando le più recenti conoscenze linguistiche per modificare il testo e il suo significato. I Trattati Onu non consentono una simile flessibilità, una simile eterodossia. Sono immodificabili come il loro bersaglio, l’inestirpabile propensione degli esseri umani a cercare mezzi chimici per alterare la coscienza.

Naturalmente l’Europa potrebbe dire: «Denunciamo i Trattati. Abbiamo sbagliato a firmare i Testi Sacri in quanto Unione Europea. Averlo fatto ci rende responsabili di questo fondamentalismo mai visto prima e dei suoi danni collaterali». Potrebbe anche dire: «Se i paesi membri vogliono firmare, sono fatti loro. Se i paesi membri vogliono cancellare certi testi nella versione che hanno firmato, questa è una loro prerogativa».

«Se i paesi membri vogliono denunciare i Trattati perché non hanno intenzione di aspettare all’infinito che essi siano adattati a un’epoca moderna, questo è un loro diritto».

E la cosa più importante da dire per l’Europa è «No, non abbiamo intenzione di allargare la nostra Unione, dato che siamo già incapaci di gestirla. Ma ci scusiamo con gli stati divenuti membri più di recente per averli costretti a firmare i Trattati Onu. È stato un grosso errore, la vostra legislazione spesso era migliore!»

BMa l’Europa non dice questo. L’Europa si è fatta sedurre ed è caduta nella Trappola dei Trattati, ed ora è prigioniera, perché sulla questione delle droghe le differenze intra-europee di analisi e di prospettiva sono paralizzanti: troppo grandi, comunque, per svolgere un ruolo in una Unione Europea che oggi è essa stessa arenata nei conflitti e nella megalomania.[2]L’argomento è intoccabile, come i Paria in India.

Naturalmente l’Europa potrebbe usare il proprio cervello, e dire: «A Vienna ci siederemo, ci addormenteremo, e aspetteremo la prossima riunione rituale, ma nel frattempo finanzieremo alcune cose che sono utili. Creeremo un budget di 10 milioni di euro e daremo 5 milioni, in un periodo di cinque anni, a ricercatori che creino teorie e poi le verifichino, sul perché i livelli di consumo di droghe in Europa sono così eterogenei. E spenderemo 5 milioni di euro, in un periodo di cinque anni, per organizzare una ricerca che ci consenta di creare criteri qualitativi per i dati ufficiali sull’uso di sostanze. Non finanzieremo più l’Osservatorio di Lisbona (Emcdda) per compilare degli elenchi di cifre. Vogliamo cifre valide e, soprattutto, comparabili. Così, ad esempio, vogliamo dei criteri che prevedano quanto deve essere valida una ricerca per essere pubblicata in questi elenchi. Attualmente l’Emcdda mette insieme le cifre che riceve dai governi, poi le stampa e le pubblica su internet. Non ha voce in capitolo su come i dati nazionali vengono creati, né su come viene fatta la relativa ricerca. Si dà per scontato che i dati ricevuti dai singoli paesi siano comparabili tra loro, senza una verifica.[3]

Questa proposta non riguarda Vienna, ma Bruxelles. Propongo che l’Europa espanda enormemente la ricerca sociale sui consumi su base scientifica. Non propongo che l’Europa spenda molto per la ricerca sul cervello o per la ricerca farmacologia, sovvenzionando così la già ricca industria farmaceutica. L’Europa deve piuttosto promuovere delle ricerche per capire meglio il consumo di droghe in culture diverse, e i motivi per cui i livelli di consumo variano così tanto sia tra paese e paese, sia all’interno di un singolo paese. Questo serve! Attualmente nessuno capisce perché a Londra si consumano più droghe che a Parigi, e perché a Parigi se ne consumano più che ad Amsterdam, e perché ad Amsterdam se ne consumano più che a Rotterdam, e perché a Rotterdam se ne consumano più che a Brema, e perché a Brema se ne consumano più che a Corfù. Vogliamo saperne di più sul consumo di sostanze, e soprattutto sapere quali fattori incidono su di esso. L’Europa dovrebbe fare cose utili, se vogliamo neutralizzare un po’ della nostra vergogna sul suo insensato rituale: recarsi a Vienna per partecipare a un incontro di sepolcri imbiancati.

Ringrazio Peter Webster per il suo aiuto nel volgere questo testo in un inglese corretto.

Traduzione di Marina Impallomeni.

Note

  1. European Coalition for Just and Effective Drug Policies (ENCOD), Lange Lozanastraat 14, 2018 Antwerpen, Belgium. Tel. 00 32 (0)3 237 7436. Mob. 00 32 (0)495 122 644. Fax. 00 32 (0)3 237 0225. E-mail: encod@glo.be. Website: www.encod.org.
  2. «Molte istituzioni e molti forum dell’Unione Europea sono impegnati in una lotta di potere su questo terreno di azione politica. Ciò, in parte, perché le droghe sono una questione con così tante facce, da fornire ai gruppo ampie opportunità di espandere il proprio potere. Molti dipartimenti si interessano di singoli aspetti del problema droga, senza che vi sia un appropriato coinvolgimento. Questa struttura, complessa e non trasparente, genera confusione su dove sia in effetti la responsabilità decisionale. Questo contribuisce a garantire che la questione delle droghe resti un punto fisso in agenda, e che sia costantemente e che sia costantemente palleggiato, per così dire, tra le strutture dell’Ue».
    Boekhout van Solinge, Tim (2002), Drugs and decision-making in the European Union. Amsterdam, CEDRO/Mets en Schilt.
    http://www.cedro-uva.org/lib/boekhout.eu.html
  3. Per accertare e valutare come i paesi membri fanno le ricerche su cui si basano i dati che poi vengono inviati all’Emcdda, è necessario mettere a punto degli standard tecnici minimi di elaborazione dei dati e delle risposte mancate. Tali standard attualmente non esistono. Manca un meccanismo per controllare dall’interno la qualità dei dati che affluiscono a Lisbona. Utilizzare delle ricerche che soddisfino almeno uno standard minimo di qualità è una precondizione minima per la comparabilità, ma non certo l’unica. La comparabilità incrociata dei dati nazionali tocca un insieme di problemi molto complesso, svolgere una indagine su di essa è molto costoso, e l’Emcdda ha appena sfiorato la questione. Se i dati dell’Emcdda sono usati per stabilire le politiche, è bene che essi siano affidabili e che siano oggetto di un monitoraggio costante.